Premio Scenario2017- 16a edizione | Progetto finalista

Festival di Santarcangelo - Santarcangelo dei Teatri, 10/11 luglio 2017

martedì 11 Luglio , ore 11:00 | Lavatoio

Un eschimese in Amazzonia

The Baby Walk | Cernusco Sul Naviglio, Mi
foto © Stefano Vaja

ideazione e testo Liv Ferracchiati
di e con Greta Cappelletti
Laura Dondi
Liv Ferracchiati
Giacomo Marettelli Priorelli
Alice Raffaelli
tecnico Giacomo Agnifili
progetto The Baby Walk

LIVIA FERRACCHIATI
via Dante, 48 – 20063 Cernusco sul Naviglio (Mi)
cel. 338 2659764
livia.ferracchiati@thebabywalk.com
www.thebabywalk.com

Spettacolo vincitore ex aequo Premio Scenario 2017

Motivazione della Giuria
Il confronto fra la persona transgender e la società fa propria la metafora dell’Esquimese in Amazzonia, alla quale lo spettacolo dà corpo e voce. Da una parte la presenza imprevista che sfida le regole e impone uno spostamento dello sguardo, raccontandosi con disarmante naturalezza. Dall’altra parte il coro ritmato e incalzante della collettività, che vuole risposte certe ed esprime nel meccanismo del link web il naufragio del pensiero. Un lavoro che colpisce per la scelta di una narrazione che rinuncia ai codici interpretativi per raccontare con ironia e delicata sfrontatezza una tematica alla quale aggiunge nuove risonanze.

Lo spettacolo
La ricerca dei materiali per questo progetto inizia nel 2013. Da allora la nostra compagnia ha fatto un percorso di crescita comune e ha approfondito il suo punto di vista in fatto di identità di genere. Siamo arrivati alla conclusione che la transizione sia, prima di tutto, un percorso mentale verso la costruzione dell’identità di un soggetto. Un eschimese in Amazzonia, citazione dell’attivista Porpora Marcasciano, fa riferimento al contesto socio-culturale avverso che “[…] compromette, ostacola, falsifica un percorso che potrebbe essere dei più sicuri e dei più tranquilli”, perché di fatto mette in crisi il modello binario sesso/genere, omosessuale/eterosessuale, maschio/femmina. Un modello binario che invade le nostre vite e le condiziona senza che ce ne accorgiamo. La presenza nella società degli “eschimesi” chiede a tutti di rimettere in discussione le regole.
Il centro del lavoro è il confronto tra l’eschimese, ovvero la persona transgender, e la società. La società segue le sue vie strutturate e l’eschimese si trova, letteralmente, a improvvisare, perché la sua presenza non è prevista. In questo caso però guardiamo dal suo punto di vista e la sfida è capire quanto e se la cosiddetta maggioranza gli sia distante. La logica con cui si struttura il lavoro è quella del “link web”: allora può succedere che, mentre si segue con crescente sgomento la vittoria di Trump, si presti vagamente orecchio a una puntata di MasterChef Italia. Che collegamento c’è? Nessuno, forse il nonsense è dietro l’angolo o forse il senso c’è, ma è un senso che si fa fatica ad accettare.

La compagnia
The Baby Walk nasce nel 2015, con la stesura e la realizzazione di Peter Pan guarda sotto le gonne. Il gruppo racchiude in sé più competenze e utilizza diversi linguaggi: parola, danza e video. In particolare è indagato il rapporto tra cinema-teatro e tra danza-parola. Ogni progetto, anche se legato agli altri, è una sorta di “punto e a capo”. Si ricomincia, si rimette in discussione tutto dalla base, per questo i lavori proposti e realizzati possono anche essere differenti gli uni dagli altri, ma conservano una matrice comune. I tre ultimi lavori della compagnia sono stati selezionati alla Biennale Teatro 2017, 45. Festival Internazionale del Teatro. The Baby Walk sono: Livia Ferracchiati (regista/autore), Greta Cappelletti (dramaturg/autrice), Laura Dondi (danzatrice/costumista), Linda Caridi (attrice), Chiara Leoncini (attrice), Alice Raffaelli (danzatrice/attrice), Lucia Menegazzo (scenografa/regista), Giacomo Marettelli Priorelli (light designer/attore), Andrea Campanella (videomaker).

Rassegna stampa

"paperstreet.it", 10 gennaio 2018
Giulio Sonno

[…] Ancora una volta […] The Baby Walk riesce a scartarsi da posizioni apologetiche riportando al centro l’individuo in quanto tale, nella sua fragile, amorevole, complicata ricerca di identità: transgender come apolide consapevole in una società che sempre più sta perdendo di identità. […]

“altrevelocita.it”, 27 dicembre 2017
Ilaria Cecchinato, Marzio Badalì e Lorenzo Donati

[...] La formula della biografia, utile per evitare di cadere in approssimative generalizzazioni, porta in scena una fisicità e un corpo, quello di Liv Ferracchiati, che si mostra senza apparenti finzioni. Nel finale il racconto si traduce in un susseguirsi di testimonianze attraverso cui ciascun attore del gruppo, abbandonati i panni della collettività [...], denuncia una forma connaturata e diffusa di pregiudizio, descrivendo la propria personale esperienza nell'incontro con “lui”, uno dei tanti eschimesi in Amazzonia. [...]

“teatroecritica.net”, 14 dicembre 2017
Lucia Medri

[...] La stessa Ferracchiati è presente in scena come incarnazione dell’eschimese e polo al quale si rivolgono quelle “ovvietà socialmente riconosciute” recitate da un coro di quattro interpreti che agiscono sulla scena con movimenti meccanici e tonalità di voce monotòne. [...]

"casicritici.com", 11 dicembre 2017
Stefano Casi

[...] non un banale spettacolo di denuncia o rivendicazione dei diritti transgender e lgbt, ma un oratorio pop sull’affermazione dell’identità. Che ha il suo perno nel profondo disequilibrio delle modalità recitative: all’unisono e alla perfetta partitura ritmica del coro, infatti, corrisponde l’incertezza e l’impaccio fisico-verbale dell’eschimese, incapace di omologarsi – anche linguisticamente, espressivamente, comunicativamente – a chi lo circonda, disinteressato a far parte di una squadra del buonsenso e del perbenismo. [...]

"Il Manifesto", 9 dicembre 2017
Gianfranco Capitta

[...] L'autrice e interprete Liv Ferracchiati maneggia con destrezza le parole, i corpi e le immagini, e porta qui a compimento e riflessione quel racconto iniziato nei due brani precedenti, su quel ragazzo che ancora bambino si accorge di essere maschio in un corpo di femmina. [...] Tra verità lancinanti e canzoni pop, e senza permettere allo spettatore di restare indifferente. [...]

"gagarin-magazine.it", 7 dicembre 2017
Michele Pascarella

[...] Un eschimese in Amazzonia di Liv Ferracchiati, artista in grande ascesa a cui recentemente hanno dato spazio e voce, tra gli altri, il Terni Festival e la prestigiosissima Biennale di Venezia – Teatro diretta da Antonio Latella, mette esplicitamente al centro un dato dichiaratamente autobiografico: la transizione fisica e mentale da donna a uomo e la contestuale (ri)appropriazione dell’identità maschile. [...]

"persinsala.it", 5 dicembre 2017
Erika Di Bennardo

[...] Per la prima volta, infatti, è la stessa autrice e regista Liv Ferracchiati a farsi carico della responsabilità totale di presentarsi al pubblico in tutto il suo essere. Contraltare, a volte scomodo altre rassicurante, un Coro composto da quattro figure compatte e dinamiche. Sul palcoscenico nient’altro che un microfono su un’asta, un pallone da calcio e una sedia con una giacca sopra. L’essenziale è l’elemento parola: Liv conduce un gioco serrato, incalzante, che passa dai luoghi comuni sull’argomento a esempi famosi e ambigui come Lady Oscar o Amanda Lear. Lo stereotipo è dissacrato in diversi modi, mentre trova spazio anche una velata critica al nonsense a cui ci sottopongono i media mettendo sullo stesso piano la vittoria di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e l’ultima puntata di MasterChef Italia. [...]

"Hystrio", n° 4, 2017
di Claudia Cannella

[...] Ideazione e testo di Liv Ferracchiati per la "sua" compagnia The Baby Walk, Un eschimese in Amazzonia è, invece, il terzo tassello di una trilogia dedicata all'identità di genere, che già ha fruttato premi e una bella visibilità alla giovane regista umbra [...]. La metafora del titolo allude al costante senso di inadeguatezza della persona transgender [...]. In scena è la stessa Ferracchiati, che cita Lady Oscar e, sulle note di Voglio una vita spericolata di vasco Rossi, si descrive con toccante naturalezza come “un'incertezza che cammina”, mentre un coro incalza all'unisono risposte certe. [...]

"verlenverlen.blogspot.it", 27 settembre 2017
Paolo Verlengia

[…] Coordinatissimo lavoro d'ensemble è invece Un Eschimese in Amazzonia del gruppo milanese The Baby Walk, progetto vincitore (ex equo) del Premio Scenario 2017. In realtà si tratta di un lavoro in cui la precisione dei meccanismi collettivi viene intenzionalmente resa più ardita da una struttura dicotomica, che contrappone in scena un coro di quattro elementi (Greta Cappelletti, Laura Dondi, Giacomo Marettelli Priorelli, Alice Raffaelli) con la presenza individuale di Liv Ferracchiati in proscenio. [...] Questa contesa per la leadership nella comunicazione con il pubblico è la dinamica drammaturgica su cui viene sviluppato il tema dello spettacolo: l'ambiguità della figura del transgender in una società apparentemente emancipata, ma forse solo velocizzata. Allo stesso modo il conflitto tra il linguaggio formalizzato del coro e quello informale dell'autrice innesca soluzioni gustose. [...]

"teatroecritica.net", 5 settembre 2017
Andrea Pocosgnich

[…] In Un eschimese in Amazzonia, vincitore del Premio Scenario, c’è un vero e proprio coro che ruota – alcune volte letteralmente, altre metaforicamente – attorno alla presenza accentrante dello stesso Ferracchiati, il quale improvvisa su un canovaccio a partire dalla propria esperienza di transgender ftm eterosessuale. […] Ferracchiati porta in dote la propria storia e la forza è proprio nella autenticità con cui questa viene data in pasto agli spettatori e alla scena; quel corpo minuto che combatte per lasciarsi alle spalle una femminilità che non gli appartiene è corpo narrante [...].

"stratagemmi.it", 19 luglio 2017
Giulia Alonzo

[…] Il ‘filone dell’Io’ si allarga alla condizione sociale del riconoscimento di genere con Un esquimese in Amazzonia della compagnia di Cernusco sul Naviglio The Baby Walk: la regista Livia Ferracchiati affronta un coro/società, lottando per il riconoscimento della propria individualità. […]

"rumorscena.com", 17 luglio 2017
Francesca Romana Lino

[…] e ce lo ripete, in fondo, anche l’arguto riadattamento della modalità fintamente dialogante di coro e protagonista di una tragedia, greca solo nell’impianto, di Un eschimese in Amazzonia di The Baby Walk, drammaturgia di Liv Ferracchiati. […]

"cultureteatrali.org", 16 luglio 2017
Fabio Acca

[…] Un eschimese in Amazzonia, di The Baby Walk, rilancia in una nuova chiave e con una propria originalità i tratti del modello drammaturgico proposto negli anni passati da un gruppo ormai di culto come Babilonia Teatri. Una scelta, quella della giuria, quasi a saldare e rafforzare un’idea di teatro che, pur senza alcuna tensione rappresentativa, fa necessariamente i conti con una “nuova mimesi”, o “realismo inverso”, imbevuto di cultura pop e aderenza al dibattito sociale, ma che mai esalta il dato oleografico del principio di realtà a cui si riferisce. Il lavoro del gruppo è ancorato ai temi della “fluidità” di genere e si snoda con piglio amaramente ironico nel rapporto tra una incalzante oralità corale e il più statico protagonista, ponendo al centro, fin dalla metafora del titolo, l’evocazione del difficile inquadramento identitario di un soggetto transgender nell’universo delle relazioni quotidiane. Pur nell’evidenza di una scrittura pungente e corrosiva, emerge con forza e parallelamente l’efficacia di una parola strutturata secondo schemi e sequenze ritmiche, a definire un flusso permanente che incrocia di volta in volta gli episodi disinvoltamente “recitati” da Liv Ferrachiati, anche ideatore del lavoro e autore del testo. E tuttavia, nonostante la forte componente testuale, la creazione non si risolve mai in soluzioni puramente narrative, lanciata piuttosto in una corsa performativa che fa anche tesoro delle suggestioni tratte dall’immaginario dei dispositivi tecnologici di ultima generazione. […]

"klpteatro.it", 15 luglio 2017
Mario Bianchi

[…] Liv Ferracchiati […] in Un eschimese in Amazzonia torna al suo più urgente e personale stimolo progettuale per trattare il tema dell’identità sessuale. Lo fa in modo corale, avendo come contraltare un coro di quattro performer: Giacomo Marettelli Priorelli, Greta Cappelletti, Laura Dondi e Alice Raffaelli. Attraverso domande provocatorie, assiomi contraddittori e riferimenti iconografici i protagonisti mettono in discussione scelte sessuali molto personali, in questo caso il percorso “Female to male” , che dovrebbe essere libero e possibile in ogni essere umano, ma che il sentire comune e la società compromettono, ostacolano e falsificano continuamente. […]